"Quel cantiere era un inferno"
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- Pubblicato 06 Dicembre 2018
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Annen Pascal entrò nel cantiere di Sigirino sotto il controllo della Condotte-Cossi lo 1/03/2010 e ne uscì con una lettera di licenziamento il 31/01/2012. Pascal ha fatto ricorso al giudice per mancanza di giustificato motivo e il pretore del Canton Ticino gli ha dato ragione.
Pascal ha redatto un dossier di quanto accadeva all'interno del cantiere, ha allertato i sindacati, ha sollecitato la magistratura. Ha fatto il suo dovere in nome della sicurezza sua e degli altri lavoratori. Ha raccontato quello che ha visto e ha subito dentro un cantiere dove i rischi erano talmente elevati che non pareva nemmeno di stare nella civilissima Svizzera, tanto più che Pascal aveva lavorato nel cantiere di Faido, dal versante opposto, dove invece i criteri e le norme di sicurezza erano state applicate con scrupolo e correttezza.
Annen Pascal ha dedicato questo dossier al suo amico e collega Pietro Mirabelli, perchè la sua morte non sia stata inutile e perchè di fronte all'ingiustizia e al sopruso non si resti mai in silenzio.
Grazie Annen
N.B. Il dossier è scritto in francese. E' stato da noi operato un riassunto e una sintesi con le citazioni di Pascal. Le parti in corsivo sono commenti nostri al testo.
Riassunto e commento (in italiano)
La sentenza di Appello
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- Pubblicato 11 Luglio 2018
- Scritto da stefano
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Depositata a Locarno 25 maggio 2018
Abbiamo commentato la sentenza di appello. Poichè la Corte cita dei verbali di interrogatorio abbiamo inserito anche quelli perchè si possano leggere per intero e non solo le parti prese in considerazione da questa Corte.
Avverso questa VERGOGNOSA sentenza è già stata inoltrata istanza di ricorso presso il Tribunale Federale, a dimostrazione del coraggio e dell'esempio che la famiglia di Pietro vogliono trasmettere. E' chiaro infatti a tutti che oramai che la morte, come la vita di Pietro significano molto di più di un destino personale e riguardano il mondo del lavoro e la sua dignità. E ancora una volta sono vicende come queste che mettono in chiaro contro chi bisogna difendersi, altro che immigrati!
Di seguito i verbali citati nella Sentenza (a cui rimandano i commenti)
verb. polizia cantonale Cerdeira
verb. confronto Camigliano/Carlomagno
Speriamo con ciò di aver reso un servizio anche a tutti quegli operai che facevano parte della squadra di Pietro che hanno trovato la forza e il coraggio di dire la verità, e che i contorsionismi di questa Corte vogliono negare.
A loro e a tutti quelli che rompono il silenzio per difendere i propri e gli altrui diritti è dedicato questo sito.
Pietro ucciso una seconda volta
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- Pubblicato 31 Maggio 2018
- Scritto da stefano
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IL DEBOLE PERDE QUANDO IL FORTE ALZA IL TIRO
Con sentenza del 25 maggio 2018 la Corte di Appello e di Revisione penale del Canton Ticino ha ribaltato le sentenze di condanna di Primo grado.
Assoluzione per tutti gli imputati. Le motivazioni della sentenza:
a) le lacune nell'incidente probatorio (la raccolta di informazioni al momento del fatto)
b) l'imprevedibilità del comportamento di Pietro Mirabelli
Con questa sentenza si torna all'anno Zero, si riporta indietro il calendario di 8 anni, a quella frettolosa richiesta di archiviazione del primo giudice che si occupò del caso.
Appena disporremo delle motivazioni non mancheremo di pubblicarle, così come abbiamo fatto con la sentenza di primo grado. Ci appare incredibile che non siano stati presi in considerazione i diversi momenti della sentenza di Primo grado dove si evince chiaramente come la prassi di "fare produzione" a ogni costo fosse la norma nella galleria. Ci sembra incredibile come anche le inchieste portate avanti dai giornalisti della RSI che convergevano verso un quadro di "irregolarità diffuse" nell'organizzazione del lavoro di quel cantiere siano state ampiamente ignorate dalla Corte di Appello. Certo, i giudici decidono sul "fatto" e allora restiamo a questa sentenza.
Cosa si deve dedurre da questa sentenza? che in assenza di raccolta adeguata di prove incidentali non esistono imputabili? Allora basterà sempre arrivare qualche ora dopo un incidente mortale, far proseguire il lavoro un'altra mezza giornata, contare sull'omertà delle maestranze e sull'impunibilità della polizia per non avere più "noie" in fase di produzione.
Ma la parte più odiosa è quella che ribadisce l'imprevedibilità del comportamento di Pietro, perchè è questo il punto che scagiona l'organigramma e quindi l'organizzazione del lavoro con le palesi responsabilità della dirigenza del cantiere. E' questo il vero "punto dolente", e la presa di posizione "politica" del tribunale di Secondo Grado.
E' paradossale che i familiari di Pietro si siano più volte espressi per avere una verità e una giustizia che non avesse i caratteri di una rivincita dei poveri contro i ricchi ma per affermare un diritto a 360 gradi dei lavoratori alla loro sicurezza. Questa sentenza sembra invece andare in una direzione diversa, opposta, si sarebbe detto una volta "di classe".
Ci resta addosso lo sgomento e una sensazione di ingiustizia profonda....
Condividiamo con la Famiglia Mirabelli questo momento di dolore e di sconforto, e invitiamo tutti quelli che hanno conosciuto Pietro e la sua storia a stare vicino alla famiglia.
Per quanto ci riguarda continueremo a seguire il caso e daremo comunicazione di ulteriori passaggi
Di seguito i link alla rassegna stampa svizzera
https://www.rsi.ch/news/ticino-e-grigioni-e-insubria/Tutti-assolti-otto-anni-dopo-10526636.html
https://www.ticinonews.ch/ticino/463331/incidente-mortale-al-cantiere-alptransit-tutti-assolti
La sentenza di Primo grado
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- Pubblicato 26 Aprile 2018
- Scritto da stefano
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A sette anni dall'incidente mortale costato la vita a Pietro, dopo che il caso è stato riaperto grazie alla testardaggine e al coraggio della famiglia di Pietro, grazie allo straordinario lavoro dei tecnici ASL di Firenze e di Medicina Democratica e alla pervicacia del Procuratore Generale del Cantone Ticino (da pochi mesi in pensione) uno spiraglio di verità ha illuminato la ormai famigerata galleria del Ceneri.
Con la sentenza del 7 settembre 2017 una parte di giustizia è stata fatta. Pietro non si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato. Pietro - come suo solito - sapeva quello che rischiava, così come lo sapevano gli imputati, e ancora di più ne era consapevole la Cossi- Condotte ma nulla è stato fatto per impedire quella (ed altre) morte (i).
Invitiamo a leggere la sentenza che pubblichiamo nelle parti salienti affinchè chiunque si possa fare un'idea di cosa sia successo quella notte del 22 settembre 2010, delle omissioni, delle negligenze, delle connivenze e dei silenzi che hanno accompagnato l'omicidio colposo di un uomo che lottava per tutti, uno che faceva del sacrificio per gli altri una ragione di vita. In parte i semi che ha sparso sono germogliati in qualche coscienza, e questo processo lo testimonia, i fiori sbocceranno nelle prossime primavere.
Il 25 aprile 2018 a Locarno si è svolto il processo di appello richiesto dai condannati in primo grado
Vi terremo aggiornati
Grazie a tutti quelli che non dimenticheranno
IL PROCEDIMENTO DI INDAGINE SULLA MORTE DI PIETRO AD UNA SVOLTA
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- Pubblicato 12 Febbraio 2016
- Scritto da stefano
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Dopo oltre cinque anni dalla data dell'incidente mortale a Pietro, e nonostante il tentativo di mandare in prescrizione il procedimento allungando a dismisura i tempi, siamo finalmente ad un momento di svolta dell'indagine.
http://www.tio.ch/News/Ticino/Attualita/1066907/Mio-marito-e-morto-in-quel-cantiere-e-non-so-ancora-la-verita
Di seguito un altro articolo da "Ticino On-line"
Dopo la festa, l'inchiesta. Che poi, in realtà, non è certo iniziata ieri. Ha covato in silenzio, per anni: la svolta alla fine è arrivata - combinazione - all'indomani della cerimonia alla galleria di base del Ceneri. Proprio il cantiere dove, nel 2010, Pietro Mirabelli morì travolto da una parete di roccia. Il procuratore generale John Noseda ha chiuso lunedì l'istruttoria di un procedimento penale che vede indagate per ora tre persone fra ex colleghi e superiori dell'operaio italiano che, quel giorno, si trovavano in cantiere. La conferma arriva dal Ministero Pubblico. L'ipotesi di reato è omicidio colposo, per inadempienze in materia di sicurezza.
L'azienda appaltatrice dei lavori, il colosso italiano Condotte Cossi, non è nuova ad accuse del genere. Diversi i procedimenti aperti oltre confine (e alcuni chiusi, perché andati in prescrizione) tra cui un'inchiesta della Procura di Reggio Calabria che ha portato, nel 2012 (vedi articolo), all'arresto di diversi manager del gruppo a seguito del crollo di una galleria autostradale. Tra gli elementi al vaglio degli inquirenti italiani, oltre a presunti legami con la 'ndrangheta, ci sono procedure di lavoro simili a quelle riscontrate in Ticino. Lavori svolti in fretta e furia, protocolli di sicurezza non rispettati: pratiche più volte denunciate anche dai sindacati nostrani, a cui sarebbe riconducibile l'incidente in cui perse la vita Mirabelli.
Per il Ministero Pubblico, le responsabilità sono da cercare all'interno dell'azienda. La quale, da noi contattata, non ha per ora rilasciato commenti. I giochi sono ancora aperti: stando alle informazioni raccolte, il numero degli indagati potrebbe ancora salire, fino a cinque. Lunedì il procuratore interrogherà altri funzionari del cantiere come persone informate sui fatti.
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Davide Illarietti
Giornalista
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Redazione Lugano
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DINAMICA DELL'INFORTUNIO E SVILUPPO DELLE INDAGINI: 5 ANNI DI SILENZIO POSSONO BASTARE
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- Pubblicato 08 Dicembre 2011
- Scritto da stefano
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Pietro Mirabelli per quasi 10 anni RSU e RLS attivo sui lavori dell’Alta Velocità Bologna-Firenze è morto il 22 settembre 2010 a Sigirino ove lavorava come minatore nella galleria Alptransit, alle dipendenze del Consorzio Condotte Cossi. Aveva 54 anni, sposato con 3 figli.
La dinamica dell’infortunio è così brevemente ricostruibile: 2 operai un 38enne del Canton Obwaldo e un 31enne residente in Italia si trovavano nella cabina di un macchinario intenti a perforare la roccia della galleria. Durante la perforazione il braccio del macchinario si è ritirato facendo cadere da un'altezza di circa 7-8 metri un blocco di roccia (Costatazione della Polizia Cantonale).
La roccia ha investito Pietro che stava svolgendo un’operazione collaterale con una vanga in quanto si era accumulata molta acqua durante le operazioni di scavo. Sul posto si sono recati la Croce Verde di Lugano e i pompieri di Lugano con undici uomini e sei veicoli, nonchè i pompieri di Rivera con otto uomini e due veicoli. Pietro Mirabelli è stato trasportato all'ospedale e le sue condizioni erano apparse purtroppo sin da subito gravissime, tanto che i medici avevano parlato di un un operaio in fin di vita. Purtroppo non ce l'ha fatta ed è deceduto in nottata all'ospedale.
I primi risultati delle indagini del Procuratore Pubblico di Lugano trasmesse a Medicina Democratica dall’avvocato Sergio Sciuchetti di Lugano, indicato ai familiari dal Sindacato Svizzero, erano incredibilmente assolutorie per l’azienda (trattasi di un Consorzio di aziende prevalentemente italiane) e rigettavano tutte le responsabilità su Pietro ( “si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato”).
Medicina Democratica di Firenze avvalendosi di tecnici che si sono offerti gratuitamente ha presentato una controperizia inviata all’Avvocato Sciuchetti. Quest’ultimo ha fatto proprie le osservazioni e le ha inviate al Procuratore, che però avendo ormai in testa una verità precostituita, ha proseguito per la sua strada ed ha emesso all’inizio di Luglio 2011 un incredibile “Decreto di Abbandono”, che significa nel linguaggio giurisprudenziale italiano:”Archiviazione”.
L’avvocato e la famiglia, con l’aiuto dei tecnici di Medicina Democratica e con una nuova audizione fatta il 22.07. di alcuni dei testi, mai ascoltati prima dal Magistrato, hanno proceduto a inviare un Reclamo.
Seguono le Osservazioni invate dall'avvocato del Consorzio Condotte Cossi e del Procuratore pubblico, responsabile dell'Archiviazione in primo grado a cui l'avvocato della famiglia Mirabelli risponde con un'ulteriore lettera.
Il 30.11.2011 il Tribunale del riesame di Lugano ha accolto il ricorso dell'avvocato Sciuchetti a nome della famiglia di Pietro e ha disposto la riapertura dell'inchiesta (Sentenza CRP 30.11.2011).
La riapertura del processo si deve in primo luogo alla costanza con cui la famiglia di Pietro si è impegnata nella ricerca di verità e giustizia (pur in presenza di forti pressioni in senso contrario). In secondo luogo, decisivo è stato il sostegno delle compentenze dell'avvocato e dei tecnici italiani e svizzeri che, fin da subito, hanno ravvisato nella dinamica organizzativa del lavoro il principale responsabile dell'atroce morte di Pietro. Un contributo fondamentale hanno giocato le testimonianze dei colleghi di Pietro, che in un primo tempo non erano state rese. Infine l'attenzione che amici e parenti hanno mantenuto su questo caso ha contribuito anch'essa a raggiungere un primo importante risultato. Ci piace pensare che questo risveglio delle coscienze sia partito con la raccolta di firme, culminata nel messaggio del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, direttamente rivolto alla memoria di Pietro e al suo lavoro.