In memoria di Pietro Mirabelli

Questa non è la mia storia. E anche la mia storia, ma è la storia di tutti quelli che fanno la vita che faccio io...

Convegno 20 maggio 2011 a Firenze in ricordo di Pietro Mirabelli

 

MEDICINA DEMOCRATICA

MOVIMENTO DI LOTTA PER LA SALUTE ONLUS

In collaborazione con

“Gli Amici di Pietro”, la rete@sinistra, “Uniti contro la crisi”

organizza

IN RICORDO DI PIETRO MIRABELLI, MINATORE CALABRESE

il seminario di riflessione su: Il lavoro che usura e uccide e l’ organizzazione del lavoro “malata”

20 maggio 2011, sala ex Leopoldine, Piazza Tasso FIrenze

 

In ricordo di Pietro Mirabelli. Il 22 settembre del 2010 è morto sul lavoro Pietro Mirabelli, un operaio calabrese impegnato nella costruzione della galleria del San Gottardo in Svizzera. Una grande pietra, staccatasi da un’altezza di circa 7-8 metri, lo ha colpito alla schiena. Pietro è morto durante il turno di notte, a 20 ore di pullman dalla sua casa nella provincia di Crotone. Questa morte aggrava il già pesante bollettino di guerra che ogni anno si abbatte sul mondo del lavoro. Solo in quello stesso cantiere, i morti sono già stati nove. Ma al dolore che colpisce gli amici e i parenti, si aggiungono la rabbia e l'incredulità per la perdita di un uomo che l’Italia ha conosciuto come paladino della lotta per la sicurezza nei cantieri dell'Alta Velocità in Mugello. L'iniziativa, promossa da Medicina Democratica, nasce non solo dalla volontà di ricordare l'uomo e il delegato sindacale Pietro Mirabelli, ma anche di cercare di proseguire la sua attività di denuncia di una organizzazione complessiva del lavoro che, negli ultimi decenni, ha compresso sempre più le libertà e i diritti del lavoro salariato.

 

Riflessioni e proposte. A fronte di una crescita esponenziale dell'innovazione tecnologica , dei progressi in ambito medico e di un significativo miglioramento della legislazione relativa alla sicurezza sui luoghi di lavoro, la questione delle morti sul lavoro rimane un'emergenza relegata dalla politica ai margini del dibattito pubblico. Gran parte degli infortuni è ascrivibile, oltre che alle violazioni della normativa, anche a un’organizzazione del lavoro fatta di orari, turni e ritmi non “ergonomici”. l'organizzazione del lavoro ha poi un peso rilevante nell’aumento riscontrato dalle malattie professionali, come stress, mobbing e fatica fisica eccessiva. Non esiste ancora una normativa organica sui lavori usuranti (in galleria, fonderia, catena di montaggio, turnisti), sebbene numerose ricerche dimostrino che gli operai che li svolgono hanno un’aspettativa e una qualità della vita peggiori della media. Sulla scia dell'impennata della conflittualità tra capitale e lavoro, simboleggiata dalla vicenda Fiat, il convegno organizzato da Medicina Democratica si colloca nel quadro delle numerose iniziative che mirano al rilancio del protagonismo del mondo del lavoro.


Programma

mattina 9.30-13.00

Saluti di Gabriele Mirabelli

Introduce Fulvio Aurora, vice presidente Medicina Democratica

Prima sessione

IL LAVORO CHE USURA E UCCIDE

Effetti sulla salute, testimonianze, aspetti normativi e proposte

Modera Riccardo Chiari, giornalista redazione del Manifesto - Toscana

Interventi

-Giovanni Costa, medico del lavoro, ergonomo Università di Milano

-Luigi Mara, chimico Medicina Democratica – centro Giulio Maccacaro di Castellanza

-Angelo D’Errico, medico epidemiologo-Università di Torino

Ne discutono

-Dante De Angelis, delegato RLS Trenitalia

-Maurizio Cardellini – AIEA (Associazione Italiana Esposti Amianto)

-Antonella Bellagamba, delegata RLS-RSU FIOM Piaggio

Dibattito

 

pomeriggio 14:30-17:30

Seconda sessione

L'ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO “MALATA”

Ricerche, testimonianze, proposte di risanamento

Introduce e modera Gino Carpentiero, medico del lavoro, ASL 10 Firenze

Interventi

- Simona Baldanzi, scrittrice

- Alessandra Re – psicologa del lavoro – Università di Torino

Ne discutono

- Antonio Mirabelli, RLS Edilizia

- Angela Recce, RLS Piaggio Pontedera

- Mario Sirianni, operaio RLS Toto Costruzioni

- Ciro Crescentini – Fillea Napoli

Dibattito e conclusioni

LETTERA APERTA ALLE ISTITUZIONI DEL MUGELLO

Durante l'iniziativa del 7 dicembre 2010 presso il teatro comunale di Barberino di Mugello, il sindaco di Barberino e il Presidente della Comunità Montana manifestarono la loro disponibilità, in nome e in ricordo di Pietro Mirabelli, a iniziare un percorso di collaborazione del territorio con le istituzioni del crotonese, in particolare il Comune di Petilia Policastro e la relativa Comunità Montana. La lettera aperta che segue vuole essere il primo passo verso la realizzazione di queste iniziative.

Alla Cortese Attenzione di

Sindaco Carlo Zanieri
del Comune di Barberino di Mugello
Palazzo Comunale Via della Repubblica
50031 Barberino di Mugello (FI)

Presidente Stefano Tagliaferri
della Comunità Montana del Mugello
Via Palmiro Togliatti 45
50032 Borgo San Lorenzo (FI)
Barberino di Mugello, 21 gennaio 2011

Oggetto: Rapporti fra Barberino di Mugello e Petilia Policastro e iniziative in
memoria di Pietro Mirabelli.

Gentili Sindaco e Presidente,
dopo l’iniziativa del 7 dicembre 2010 al Teatro Comunale di Barberino di
Mugello in memoria del minatore calabrese Pietro Mirabelli, in seguito ai vostri
interventi di disponibilità e apertura a riallacciare i rapporti fra il Mugello e il
territorio crotonese, in particolare fra il comune di Barberino di Mugello e quello di
Petilia Policastro sicuramente interessati ancora nel futuro da scambi inerenti i lavori
di grandi opere, siamo qui a chiedervi un incontro con voi o vostri stretti collaboratori
per capire insieme quali iniziative intraprendere.
Una proposta che emerse durante quella serata e che potrebbe essere già presa
in considerazione dalle Vostre Amministrazioni è quella di intitolare una Via o una
Piazza in Mugello a Pietro Mirabelli, per l’impegno che ha dimostrato in tutti questi
anni per la sicurezza sul lavoro e per il disagio sociale dei lavoratori migranti nei
cantieri delle grandi opere. Un piccolo segnale per riconoscere la storia di Pietro e
rendergli omaggio come territorio a cui, durante gli ultimi dieci anni della vita, ha
dato molto.

Certi di un Vostro riscontro e proposta di incontro,


Cordiali Saluti
Gabriele Mirabelli
e per gli Amici di Pietro, Simona Baldanzi

In memoria di Pietro: donazioni

Abbiamo pensato ad alcune iniziative in memoria di Pietro, in materia di sicurezza sul lavoro e diritti.

Vi aggiorneremo presto sulle campagne.

Per contribuire potete effettuare un versamento. Di seguito le coordinate:

Banca Mugello
intestato a
Associazione Pietro Mirabelli
IBAN: IT09G0832538130000000052206

Mugello Gli amici del minatore morto: campagna a favore di una legge sulla tutela dei lavori usuranti, come lui voleva

Mugello Gli amici del minatore morto: campagna a favore di una legge sulla tutela dei lavori usuranti, come lui voleva

Appello al Quirinale, per Pietro
Corriere Fiorentino - 23 dicembre 2010

Lettera a Napolitano sull’«angelo custode» degli operai: «Ci aiuti a non farlo dimenticare»

BARBERINO DI MUGELLO — Una lettera al presidente Giorgio Napolitano, perché Pietro non sia dimenticato. E’ l’iniziativa di un gruppo di mugellani e fiorentini per ricordare il minatore Pietro Mirabelli, l’angelo custode degli operai dell’Alta Velocità, l’uomo che per anni si era battuto per i diritti di chi rischiava ogni giorno la propria vita lavorando in galleria.
Il 22 settembre, Pietro è morto mentre stava scrivendo l’ennesimo primato: era in Svizzera, dove stava scavando quella che di lì a poco sarebbe diventata la più lunga galleria del mondo, 57 chilometri sotto il San Gottardo. Un attimo prima che un masso lo colpisse, Pietro aveva detto ai giovani operai che erano con lui: «Rimanete indietro, vado io perché lì è pericoloso» . Quel presagio non era frutto del caso: Pietro, 54 anni, di cui più di trenta passati sotto terra, era un minatore esperto. Calabrese di origine, era diventato mugellano di adozione quando, nel ‘ 96, aveva iniziato a lavorare a Vaglia, ai cantieri del Cavet, dove era rimasto per dodici anni. Qui si era a lungo battuto contro condizioni di lavoro che riteneva inaccettabili, scontrandosi con l’azienda e spesso anche con i sindacati. Era diventato un simbolo, tanto che era stato invitato a parlare all’Università e in Consigli comunali, su di lui erano stati fatti documentari, saggi. Persino un romanzo, «Figlia di una vestaglia blu» della barberinese Simona Baldanzi, lo aveva annoverato tra i protagonisti.
Ed è stata proprio la scrittrice, assieme a Stefano Pighini, un ex ricercatore di filosofia politica, e a un instancabile gruppo di lavoro, a lanciare l’idea di una lettera al presidente della Repubblica, perché la morte di Pietro non sia capitata invano. «Pietro rappresenta l’uomo di un Sud che non vuole perdere la speranza— dice la lettera — ma anche di un’Italia che vuole ritrovare negli esempi di uomini semplici e giusti dei modelli a cui guardare senza paura, capaci di unire i cittadini nel nome della dignità del lavoro» . I promotori della lettera, che hanno trovato subito il sostegno di centinaia di persone, non chiedono medaglie o riconoscimenti, vogliono solo che Napolitano, in nome di Pietro, esaudisca un bisogno: «Quello di testimoniare, con forza, la ferma intenzione di porre fine a questa guerra silenziosa che uccide migliaia di lavoratori ogni anno e non sembra lasciare tracce, tranne che nel dolore profondo delle famiglie» .
Ma il loro sogno più ambizioso è che il Presidente si unisca un giorno alla campagna per l’approvazione di una legge per la tutela dei lavori usuranti, per cui Pietro si era battuto a lungo: la «Legge Mirabelli» .
Giulio Gori

In memoria di Pietro Mirabelli

Chi era Pietro Mirabelli?
Su di lui ci sono articoli, videodocumentari, libri, dibattiti, lettere, denunce. Pietro ha raccontato tutto a tutti. Instancabile e testardo. Il lavoro, il sud, la distanza dalla famiglia, le battaglie, le rabbie, le solitudini. La sua storia per tutte le storie, presenti e concrete di milioni di lavoratori e dei loro diritti. Una vita singola messa a disposizione e spesa per la collettività. Una storia esemplare finita nell’ultima provocazione che ci aveva lanciato: vado via da questa Italia senza dignità. Le domande da porsi sono tante. Perché non abbiamo saputo cogliere nessuno dei suoi messaggi? Perché, per una volta che di un lavoratore sapevamo tutto prima, da vivo, del suo disagio, dei suoi rischi, non siamo riusciti a evitargli quella morte sul lavoro che lui denunciava per tutti come piaga della democrazia? Perché il sindacato non lo ha mai ascoltato fino in fondo? Perché le istituzioni e la politica lo hanno sempre guardato come un rompiscatole e non hanno colto la sua figura anomala, rara e preziosa, di avanguardia e rottura con l’omertà di cui è intrisa la sua terra? Perché tutti noi, dei movimenti, dei territori, dei comitati, amici sparsi uniti spesso dalla sua voce ci troviamo soli e spezzettati e impotenti?

Pietro ci lascia in mano la sua storia, che è la nostra. Se non la continuiamo a morire sarà il sindacato, la sinistra, il paese.

Ecco il perchè di questo sito.